martedì 2 gennaio 2007
Belzebu, come la canzone
Passaggi indispensabili su di me
segnano lentamente
per inventare il tempo che scivola
dentro le mie stagioni.
Vidi cose bellissime anima
non ho dimenticato
quadri di mare e luce
e semplici voli di angeli
Ripetendo mille volte perdita di se
ossessioni nell’assenza impossibile
Portami con te anni luce lontano via da qui
s’aprono mille possibilità
per questa nostalgia
Tanto tempo fa in compagnia di altri esseri
ci guardavamo insieme crescere
come spicchi di luna...
La canzone è dei Radiodervish. Nabil, voce e poeta, e' un vero profugo.
Mi piace pensare di poter dedicare questa canzone anche ai nostri soldati dispiegati nel Sud. Le malelingue dicono che la missione è distesa, niente rischi e basso profilo, spesso a mangiar pesce nei ristoranti del Sud tra la benevolenza della gente del posto, attività di ordinaria amministrazione e lucrose indennità di rischio che arricchiscono i loro stipendi. Eccoli i ragazzi italiani che hanno lasciato nelle province di puglia e calabria fidanzate, mogli, mamme e bambini. Trovarsi di fronte altri uliveti non diversi da quelli lasciati a casa, diverse sono le lingue di chi raccoglierà quelle olive, ma identico il gesto.
Eccoli i soldati italiani, ad abbassare le canne dei fucili un po'a destra un po'a manca, ricordandoci che oggi non si fa solo la guerra.
Si fa la pace.
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