martedì 25 dicembre 2007
Buon Natale fratelli
La piu'bella richiesta che mi sia mai stata rivolta a Natale:
La mia nipotina A.> Zio mi trasformi in una rana?
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Best request ever asked on Xmas:
My little niece A.> Uncle, can you turn me into a frog?
=)
martedì 18 dicembre 2007
Nelle sale a Natale: Nadine Labaki in Caramel (Sukkar Banat)
Caramel è una sorta di Sex & The City in versione mediorientale. L'epicentro dell'azione, o meglio, della conversazione, è un salone di bellezza di Beirut, in cui si ritrovano periodicamente cinque donne: Layale, innamorata di un uomo sposato, Nisrine, musulmana colta da scruploli, perché si sposa pur non essendo più vergine, Rima, che deve venire a patti con la propria omosessualità, Jamale, affetta dal complesso di Peter-Pan, e Rose, che ha consacrato la propria vita ad accudire la sorella maggiore, sacrificando tutto il resto. Tra una permanente e una depilazione a base di caramello (quello che dà il titolo al film), le cinque donne si riveleranno i rispettivi mondi interiori e scopriranno quanto sia importante avere delle vere amiche su cui poter contare.
Its release date have been scheduled as follows (from imdb):
Lebanon 9 August 2007
France 15 August 2007
Belgium 12 September 2007
Italy 21 December 2007
USA January 2008 (limited)
Netherlands 17 January 2008
Spain 18 January 2008
UK 7 March 2008
Germany 3 April 2008
apart its projection in many other festivals such as Abu Dhabi film festival, Cairo film festival, Asia Pacific Screen Awards, London, Canada, Denmark, Argentina...
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Ancora poco conosciuta in occidente, in Libano e in tutto il medioriente Nadine è una vera e propria superstar, conosciuta tanto per il suo talento, quanto per essere scopritrice del talento altrui. Figlia di un ingengnere e di una casalinga, la carriera di Nadine comincia con un concorso all'inizio degli anni '90, organizzato dall'emittente musicale Studio El Fan. In quell'occasione Nadine realizza il video dell'esordiente cantante Carla, ora diventata a sua volta una delle vj più famose del Libano. Uno dei suoi video musicali successivi, causò parecchie discussioni nel pubblico, dal momento che era incentrato sulla procace figurad di una cameriera in una tavola calda egiziana; il cortometraggio fu infatti ritenuto troppo "audace". Da allora è stata tutta un'escalation, culminata prima nella realizzazione di spot commerciali per la Coca-Cola e infine nell'approdo al cinema, dove si è cimentata anche come attrice, con buon successo.
domenica 16 dicembre 2007
Ta7t al Qasef, Under the Bombs won at Dubai Film Festival 2007
A Lebanese film “Ta7t el Qasef” (Under the Bombs) directed by Philippe Aractingi won the top prize Saturday at the fourth Dubai international film festival. Aractingi's film beat off competition from two Tunisian movies to take the Gold Muhr award presented at a gala ceremony at the end of the festival which showcased 141 films from 52 countries.
The winning film centers around a love affair between a Muslim Shia woman and a Christian man in Lebanon during Israel's devastating offensive in July-August 2006. Its star, Nada Abu Farhat, took the festival's best actress award, while Nadim Sawalha walked off with the best actor accolade for his role in the Jordanian film “Captain Abu Raed.”
Tunisian director Nouri Bouzid took the Silver Muhr award for his “Akhir Film”, while his compatriot Abdellatif Kechiche won the Bronze Muhr for La Graine et le Mulet (the Secret of the Grain), which already won three awards at the Venice Film Festival, including the Special Jury award.
Tunisian director Nouri Bouzid took the Silver Muhr award for his “Akhir Film”, while his compatriot Abdellatif Kechiche won the Bronze Muhr for La Graine et le Mulet (the Secret of the Grain), which already won three awards at the Venice Film Festival, including the Special Jury award.
giovedì 13 dicembre 2007
For the 1st time the Army was targetted: Hajj
I 35 chilogrammi di tritolo utilizzati il 12 dicembre scorso nell’attentato di Beirut sono senza dubbio lo specchio dell’attuale situazione libanese: un Paese in preda alla paura, alle cospirazione, al sospetto e alla violenza che ha però dato vita ad una reazione politica unanime a dimostrazione che qualche cosa sta cambiando. L’auto bomba esplosa alle 7.05 del mattino nel quartiere di Baabda, alla periferia est della capitale, ha ucciso il generale Francois Hajj, il suo autista e la guardia del corpo che lo accompagnava. Un attacco che ha un significato particolare perché ha colpito una delle massime cariche delle Forze Armate Libanesi; quell’esercito che l’ex presidente Emile Lahoud ha eletto a garanzia dell’integrità istituzionale e costituzionale del Paese, almeno fino a quando non sarà eletto un nuovo Capo dello Stato. Questa è la prima volta che i vertici militari vengono colpiti da un attacco dinamitardo di tale portata e Hajj rappresenta sicuramente uno degli obbiettivi ideali per dimostrare che il terrorismo non è ancora sconfitto. Ma chi sono i mandanti di questo del vile attentato? I sospetti sono subito ricaduti sulla Siria e sui gruppi palestinesi più estremisti che risiedono nei campi profughi libanesi e che il generale aveva sconfitto l’estate scorsa nella battaglia di Nahr el-Bared. Quello su Damasco rimane però solo un dubbio, un’ipotesi dovuta alle accuse di complicità negli attentati che da anni sconvolgono il Paese e all’appoggio militare offerto al braccio armato di Hezbollah. Dopo mesi di contrasti, maggioranza e opposizione potrebbero aver infatti trovato un accordo sul nome del nuovo presidente della Repubblica. La scelta ricadrebbe sull’attuale capo delle Forze Armate, il generale Michel Suleiman, sostenuto da Hezbollah con il placet di Siria e Iran e candidato a varcare la soglio del palazzo di Baabda da uno dei massimi leader dell’opposizione, il Cristiano Maronita Michel Aoun. E’ quindi difficile pensare che Damasco voglia fermare l’elezione di un uomo famoso per la sua neutralità, erede naturale di Emile Lahoud e legato a doppio filo all’ex compagno d’armi Aoun. Il maggiore indiziato per l’omicidio di Najj è perciò il gruppo integralista palestinese Fatah al Islam che potrebbe così aver voluto vendicare l’umiliante sconfitta patita l’estate scorsa. L’intelligence libanese è certo che molti dei superstiti di Fatah al Islam si trovano attualmente a Gaza mentre il capo, il terrorista Shaker al-Absi, avrebbe trovato rifugio in Siria. Per ora le autorità di Beirut hanno arrestato quattro persone sospettate di essere coinvolte nell’atto terroristico. Tre di loro sono stati fermati durante un raid delle forze di sicurezza a Taamir, un’area residenziale che sorge nei pressi della città portuale di Sidone, nel sud del Paese. Ad incastrarli sarebbe la targa della BMW verde oliva utilizzata nell’attentato, precedentemente registrata a nome di uno di loro e che sarebbe stata parcheggiata sul luogo dell’esplosione otto minuti prima del passaggio di Hajj. Quindi, anche se è ancora tutta da dimostrare, per ora l’ipotesi che a commettere la strage sia stata una cellula terroristica del fondamentalismo islamico sembra la più probabile.Per il momento la morte di Hajj non è in ogni caso riuscita a far scattare quella scintilla di violenza e la rappresaglia che in molti temevano e che alcuni speravano. I due opposti fronti politici non sembrano intenzionati a gettare benzina sul fuoco anche se alcuni esponenti di governo, come il ministro dell’Informazione Ghazi Aridi, continuano a parlare di complotto siriano. I principali personaggi libanesi sono comunque d’accordo sulla necessità di rimanere uniti contro questo nuovo tentativo di destabilizzazione che tende a creare le condizioni per una nuova guerra civile. Il leader druso Walid Jumblatt, notoriamente antisiriano, lancia un segnale di distensione e non si schiera con coloro che accusano la Siria; Hezbollah risponde dicendo che il Hajj ha combattuto a fianco della resistenza contro Israele e chi ha ucciso il generale ha voluto colpire il ruolo dell’esercito. Un Libano che cambia quindi, dove maggioranza e opposizione concordano sulla necessità di superare tutti gli ostacoli costituzionali che fino ad ora hanno impedito l’elezione del generale Michel Suleiman, in modo da evitare colpi di coda che potrebbero diventare incontrollabili. [E.R. Vitali]
sabato 8 dicembre 2007
Lebanese presidential sofa: who does offer more?
Il Libano è ancora senza presidente della Repubblica, dopo che ieri il Parlamento non è riuscito neppure ad approvare l’emendamento alla Costituzione richiesto per eleggere alla massima carica il comandante in capo dell’esercito, generale Michel Suleiman, ma l’ennesimo rinvio a martedì prossimo della cruciale votazione - il settimo dal 25 settembre - potrebbe stavolta essere l’ultimo. «Ci sono ancora piccoli sforzi da compiere», ha dichiarato il ministro degli Esteri francese Kouchner, alludendo al leader cristiano d’opposizione Michel Aoun, al quale ha tuttavia riconosciuto il «grande sacrificio» di aver rinunciato alla sua candidatura alla presidenza della Repubblica. Aoun insiste perché l’intesa tra maggioranza e opposizione sull’emendamento all’articolo 49 della Costituzione (che vieta l’accesso alle cariche elettive degli alti funzionari statali in servizio, come il generale Suleiman) sia accompagnata da un parallelo accordo sulla formazione di un nuovo governo di “unità nazionale”, scelta del premier e assegnazione di importanti incarichi di sicurezza e amministrativi (a partire dalla nomina del futuro comandante in capo dell’esercito). Per cercare di superare gli ultimi ostacoli, il presidente del Parlamento e leader sciita d’opposizione Nabih Berri e il leader sunnita della maggioranza parlamentare Saad Hariri sono tornati a incontrarsi ieri per la terza volta in 48 ore, mentre i deputati erano in attesa nella sede dell’assemblea legislativa nel cuore di Beirut, presidiato da esercito e polizia. Ma con un’ora di ritardo e in un clima di grande confusione, Berri ha poi annunciato l’ennesimo rinvio della seduta del Parlamento, smentendo le voci secondo cui maggioranza e opposizione avevano concordato di approvare ieri l’emendamento alla Costituzione.
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